Eos e Titone (sintesi)

30.12.2012 19:57

Il commento al romanzo Eos e Titone che Annamaria mi ha inviato mi ha lusingato e commosso e voglio condividerlo con voi. Grazie Annamaria.

Eccolo:

 Annamaria".

Leggendo Paolo Andreocci ho pensato ad Alexander Dumas padre, per la carica romanziera frammista ad eventi reali assimilati da quelli fantasiosi . Nel libro Eos e Titone vi è la completezza della descrizione di luoghi e periodi storici debitamente documentati da un accurato studio toponomastico nei quali si fondono leggenda, mito e immaginazione che trasportano rigo dopo rigo in dimensioni che circuiscono la mente e l’anima trascinandole in una deliziosa pausa onirica. Le immagini che il libro descrive diventano vere e proprie immagini ipnagogiche ed è un’esperienza bellissima. Credo di essere rimasta in uno stato ipnopompico durante tutta la lettura del libro di Paolo, la percezione di ciò che ho letto è diventata per me una realtà tangibile, mi ha presa e divorata.

Aprendo il libro ci si cala subito in luoghi lontani, studiati fra i banchi di scuola per atterare sul suolo antico di Troia, ma non si incontrano strenue lotte e guerrieri sanguinanti, bensì l’inizio di una congiuntura mitologica- umana, e fra mito, leggenda e storia si snoderà il racconto più coinvolgente finora conosciuto.

Cosa dire che non dica il libro stesso, è difficile parlarne, nel prologo ho accennato appena ad alcuni personaggi, ognuno completo nelle sue vicende e nel suo corso vitale, raccontare di loro, ora, è sminuirne la posizione nel contesto narrativo, vorrei saper raccontare degli effluvi del giardino che si riveste di colori e profumi per ammantare l’amore divino degli amanti nell’attimo della fusione dei corpi, o di quei momenti che descrivono l’eros prorompente della dea fatto di luce e colore o i colori della visione del passaggio di Eos  che diventano reali e si innalzano dalla pagina: “…il cielo turchino si striò di rosa, poi si levarono fiamme di luce: il suo cocchio dorato era sopra di noi”, ma potrebbe sembrare fuori luogo perché forse meno risaltante a confronto alla miriade di descrizioni avvolgenti e pregni di alta poesia di cui è folto il libro.

Mi sono permessa di accomunare Paolo ad Alexander Dumas padre per alcune analogie di stile narrativo, l’incalzare degli avvenimenti che carpisce l’attenzione e la sprofonda in avventure coinvolgenti che ritrovo nel “Tulipano nero”, ma soprattutto vedo Paolo in Dumas per l’analogia “erotica” … “Violette”

Questo libro è stato per me fame e sazietà, più mi inoltravo nella lettura, più aumentava il bisogno (la fame) di ingurgitare ogni successivo passo e mi saziavo, più mi saziavo e più aumentava la fame. Fino alla fine del romanzo.