Opere giugno maggio 2012

16.10.2012 00:41

venerdì 1 giugno 2012

Il poeta e i suoi pianti ed. 2012 "Scrivere" copyright by Annamaria Vezio
 

Spine nei fianchi
e resistenti e setose ragnatele sul cuore,
qual’ è il colore
o la sua scia slavata
che designa tali pensieri?
Perché
il dolore, la solitudine, la disillusione
devono mostrarsi
sotto inique e sanguinolenti spoglie?
Il poeta piange i suoi pianti
e di spine e di ragni li frappone.
Ma vi è di più,
vi sono mondi sommersi
di blu intensi e melmosi
di liane e serpi contorte
di giochi di luci che inorridiscono
menti scomposte.
Vi è di più,
che il pianto del poeta
è solo il bimbo nello sterno
che si contorce e strilla
ché nella sua saggezza illuminata
conosce la morte della vita.

 

 

Lacrime d'inchiostro di Luigi Violano

 
Avrei voluto solo starti accanto,
coprire i tuoi vuoti
coprendo anche i miei
col respiro dell'anima
in via d'estinsione,
ma infondo mi sei rimasta solo
un sogno irrealizzato.
Ho amaro e secco il labbro,
ho il cuore solo e rotto
che perde calde lacrime dalla crepa scavata
sul retro del miocardio
per via d'un antico dolore.
Forse, posso solo sopravvivere,
piangere quando la solitudine m'assale
e prendemi alla gola con omicida mano
per farmi consapevole
che per me non è lecito
neppure pensarti un istante.
Ora, so solo piangere d'inchiostro
questa pena:
è lei l'unica speranza
che mi resta ancora
a tenermi compagnia,
a darmi senso,
a farmi vivere!

giovedì 31 maggio 2012


Daniela Straccamore
La tua voce

Mi sono svegliata pensando di te, nella mia mente cerco di mettere a fuoco la tua immagine ma non ci riesco.
Al tuo viso così caro così bello, si sovrappongono altre immagini.
Ti scrivo queste frasi per dirti ciò che a voce non ti dirò mai, vorrei dirti tante cose ma non so se puoi capirmi.
Forse penserai che sono matta, si, senz’altro lo sono, ma cosa importa?
Questo dolce sentimento che sta nascendo dentro di me, mi aiuterà a superare le traversie della vita. Non temere, non ti farò del male, rimarrò sempre nel mio angolino in disparte, l’amore è una cosa bella, importante, ma i nostri doveri sono ancora più importanti.
Vorrei vederti e dirti che mi piaci, ma questo già lo sai, allora perché ripeterlo?
Vorrei incontrarti ma ho paura, ma perché paura?
L’ho di te o di me?
Ma no, forse non l’ho di nessuno.
Ho voglia di ascoltare la tua voce, quanto mi è cara!
E’ una voce unica, inconfondibile, forse è la voce più bella che io abbia mai ascoltato, solo a sentirla mi esalto.
Forse non ò vero che è unica, ma a me piace tanto.
Vorrei incontrarti e stringermi tra le tue braccia, per un momento dimenticare tutto e tutti, sussurrarti dolci parole, abbandonarmi insieme a te per un momento all’amore e dirti “Ti amo”.
Ma no, che stupida parola ti amo, per me è la più insignificante che possa esistere nel linguaggio dell’amore.
A cosa servono le parole quando una stretta di mano, uno sguardo, un abbraccio, possono dire cento, mille cose di più?

 

 

Festa da "Lacrime che fanno male" ed. 1998 by Am Vezio

 

Festeggiamo insieme la morte
mammì
la conclusione
della vita delle sofferenze
e apriamo
la porta al cielo
Chiudiamo
il ciclo
del dolore sottile
che tutto oscura
e brindiamo
al dolore che uccide
Urliamo l’urlo dell’agonia
E lasciamola uscire dalle viscere
Vomitiamola
Lungo e velenoso serpente
dalle squame argentate e irritanti
vomitiamo il serpente
dalla lingua ispida
che tutto l’interiore
ha spalmato
della sua bava lattea
Vomitiamolo
e con esso
le ferite e le ustioni e il sangue
Brindiamo alla morte
alla morte che esce dal nostro essere
brindiamo al marcio
alla malattia
alle ulcere dell’anima
Brindiamo alla morte
che
sazia
esce da noi e ci conduce nei suoi territori
Lontani dai nostri
Lontani
Brindiamo alla nostra morte
mammì
Che il dopo sia luce
Sia pace
Sia vita.

 

 

Inno a Venere - tra lacrime e grazia di Luigi Violano

 
La vita mi ha detto buongiorno,
poi mi ha mostrato i tuoi occhi ,
erano lucidi, avevano appena
finito di parlare col dolore di una pena
troppo amara: una spada
conficcata nel miocardio
da troppe stagioni ormai.
Facevano fatica quei due fari
a deglutire la realtà indigesta ,
restavano legati al nodo
che si stringeva alla gola
fin quasi a soffocarti.
Cercavi nell'angoscia
un altro sguardo amico
per colorare il tuo guardare
dell'azzurro del cielo
che standoti di fronte t'incrociava
facendo da specchio al tuo patire infinito.
Eri tu che t'aggiravi sulla via,
mendicando un abbraccio
per ravvivare il tuo umore in frantumi.
Sì, la riconobbi presto
quella grazia nei modi,
una grazia solo tua.
Quella grazia che attendo
spogliata dal peso dei tuoi anni
troppo distanti dalle mie giovanili primavere.
Vivo all'angolo della tua strada
intersecando la mia storia con la tua
per far di due una pena soltanto.
Sto qui, prego in ginocchio,
tremo ogni qual volta tu
mi passi in mente
e non so ancora spiegarmi perchè
questo miscuglio d’emozioni m’ accade
solo con te così frequentemente.
Quale onore grandioso mi dai
di contemplarti, luminoso smeraldo
che al petto porto appeso
come s’appende, di notte,
la luna all’occhiello della volta celeste.
Ti guardo nel silenzio
del mattino appena sveglio
esultando di gioia dinanzi al luccichio
dell'esser tuo
che ad ogni mio parlar ruba la voce.
O tu che dell'umano perdi la sembianza
per somigliare ad angelo divino,
contempla l'armonia dell'universo
che tutto nel mio verso si racchiude
e si fa altare pronto a celebrar
la tua bellezza e gl'infiniti doni
che ti fece Iddio , Sommo modello
di virtù perfetta.
O anime ferite
che pure d'umana finitudine
foste impastate, venite ad ammirare
questa Venere per attingere
da sua beltade ciò che per vostro cuore
è medicina che ridà salute.
Ave divino Apollo che Vergine di sittanto splendore
ponesti in alto loco ad ascoltare
il mio umile priego,
degnati di donare a lei
ancor altra bellezza ponendola
in ancor più alto grado.
Io, pover uomo, resto innanzi
alla sua grazia folgorato
lodando Dio perchè Colei
a Lui mi riportò quando smarrii,
d'un tratto, la retta via
che l'uomo, creatura,
rannoda alla divinità
del suo Creatore.
 

 

La parola nella mano scivola da Sulla scia ed. 2010 copyright Annamaria Vezio

 
Confusa un'idea si arrotola
sciolta nei colori della mente
muta si confonde
Balbetta un pensiero
in cerca di parole
per poter parlare
per poter dire
per poter fare
Una parola, una parola
che apra la strada
che entri nel varco
e racconti l'anima
e libera la spinga
fuori dal labbro
e faccia fluire il discorso
di questa mente muta
troppo pregna di idee
grandi, troppo grandi
per diventare parole
La parola nella mano scivola
Nella mente i colori si fondono
e nella larghezza delle idee
silenziosi planano.